Nel Piccolo libro dell’Ombra, l’autore, Robert Bly, afferma che la persona che abbia incontrato la propria zona buia e vi abbia fatto i conti è come se avesse un’anima più condensata, più spessa, di cui gli altri si accorgono. Il che attribuisce all’uomo che vive con il suo corvo nero sulla spalla l’autorevolezza (e l’autorità) che la persona comune non conosce. Pensiamo al valore di questa conquista, che parte con il dialogo interiore, per chi opera nella relazione educativa o d’aiuto, rapporti in cui gli utenti (che talvolta sono solo studenti) possono insinuarsi nelle pieghe dell’anima di ignari e inconsapevoli educatori che rifuggono il lavoro su se stessi per non fare i conti con sentimenti, vissuti ed emozioni. Un estratto dal Manuale di Arti Terapie, da me curato (da un contributo di Vincenzo Sanapo).
Ombra e inconscio collettivo
Freud non fu il solo a trattare il tema del legame tra processo artistico spontaneo e inconscio umano. Carl Gustav Jung resta, infatti, il nome più autorevole nel campo della ricerca intorno alle influenze della vita in ombra nelle manifestazioni della personalità attraverso il processo creativo. Dapprima seguace del modello freudiano, Jung, ben presto, se ne discosta per dedicarsi a una visione nuova della psicoanalisi, fondata sull’esistenza dell’Inconscio Collettivo.
Secondo questa concezione, nella storia dei popoli e delle persone, soprattutto quelli appartenenti alla medesima cultura, esiste una sorta di filo rosso che li lega al di là di ogni salto temporale. Tale legame, per Jung, si manifesta con maggiore evidenza attraverso l’espressione artistica, come attraverso un cordone ombelicale che tiene uniti gli esseri umani di ogni epoca e ad ogni latitudine.
L’inconscio collettivo è, dunque, innato e universale, popolato e formato da immagini simboliche, anch’esse comuni a tutti gli uomini, che condividono, quando sono in qualche modo legati tra loro, il loro inconscio personale popolato dalle medesime figure che troviamo sul piano collettivo. Jung chiama queste figure Archetipi, simboli che accompagnano le rappresentazioni artistiche di tutte le civiltà.
Gli archetipi
Immagini, ad esempio, come la luna e il sole, a cui assegniamo un significato inconscio comune (rispettivamente gli archetipi del femminile e del maschile, di cui abbiamo riscontro in molte civiltà che adoravano divinità femminili o maschili, raffigurate con gli stessi simboli degli archetipi junghiani), o come l’ombra, che da sempre rappresenta il mistero, la parte ignota, sfuggente, a volte inquietante (per Jung, la parte irrazionale e istintiva dei pensieri umani, qualcosa su cui non si può esercitare un controllo e che, quindi, fa paura).
L’ombra, peraltro, ricompare nel nero degli sfondi caravaggeschi e sembra prender vita propria in alcuni dipinti di Edvard Munch, senza che ciò possa essere considerato solo casuale. L’archetipo, peraltro, compare anche nel movimento artistico del Simbolismo, corrente in cui gli artisti inserivano, nei dipinti, oggetti a cui erano assegnati significati secondari (ad esempio, la bilancia come simbolo di giustizia).
Anche il processo creativo spontaneo, tipico delle arti terapie, insiste sull’utilizzo, il più delle volte inconsapevole, degli archetipi: nel momento in cui la persona esprime se stessa con l’arte figurativa, lega i vissuti personali a figure simboliche che raccontano di emozioni e di esperienze di vita, cariche di senso e di significato.
La creatività
Dall’inconscio emerge di tutto e tutto prende forma (sonora, gestuale, artistica). Le immagini personali che accompagnano, quasi passivamente, la storia personale si legano ai vissuti e acquisiscono senso. Sorprendono, spiegano, chiariscono nessi causali sfuggenti. Perché, come afferma Jung, l’uomo è fatto « anche d’inconscio collettivo ma, soprattutto, di un Inconscio Personale (come, del resto, già teorizzato dal modello freudiano) in cui albergano esperienze rimosse, inaccessibili con uno sforzo mnemonico volontario.
Nell’inconscio personale troviamo tutto quello che
- non è fissato al livello della mente,
- che è in apparenza dimenticato,
- che è unico,
- personale e
- percepito al di sotto della coscienza.
Il che rende ogni essere umano unico.
Le Arti Terapie
Qual è, allora, lo scopo del lavoro creativo (ad esempio, con le arti terapie)? Di sicuro, non è quello di dare risposte sul significato dei temi portati da ognuno. Piuttosto, lo scopo è di farli emergere e mettere in forma artistica (sia essa sonora, coreutica, fiabesca ecc.), affinché il protagonista possa riappropriarsene in modi diversi, tollerabili, grazie alla presa di distanza dai vissuti emersi. Spetta al fruitore di questo immaginario decidere, poi, se approfondire i significati o semplicemente lasciarli andar via.
Certo è che, in tal modo, la persona apprende dalla sua stessa storia personale, piuttosto che subirla passivamente. E questo è, già di per sé, catartico e, in taluni casi, risolutivo.
La consapevolezza di sé
Di sicuro lo è dal punto di vista della presa di consapevolezza di sé. Nel processo creativo insistono tutte le spiegazioni che portano ad essere nel mondo in un certo modo, le ragioni che spingono a manifestare bisogni e aspettative, commisurati al personale « sentire » rispetto a se stessi e agli altri, che regolano l’agire. Dal che deriva il binomio che lo lega allo sviluppo dell’intelligenza emotiva, laddove tale competenza si concretizza con la capacità di adottare comportamenti e assumere decisioni la cui ricaduta sul piano emotivo ci si aspetta che sia in linea con i desideri e con gli obiettivi.
Così, nel caso delle arti figurative, l’arteterapia è anche questo: mettere su carta o su materiali modellabili un vissuto, un’emozione o una parte di sé, senza necessariamente o immediatamente trasformarli. Succede, infatti, che, a volte, il momento della creazione sia catartico al punto da continuare anche a manufatto finito o dopo la sua distruzione.
Un foglio di carta può, così, essere accartocciato, strappato, bruciato o gettato. Una scultura in argilla può essere distrutta, disfatta o anch’essa gettata via. Ma al loro interno c’è tutto quello che la persona decide di farne di quella parte di sé. Dentro c’è l’Ombra.
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