“Chi dice che sia impossibile non dovrebbe disturbare chi ce la sta facendo.” La frase è di Albert Einstein ed è il motto del mio sito (è scritta in alto, accanto alla mia foto). In molte conferenze, davanti alla mia proposta di adottare strategie creative per sorprendere i ragazzi, motivarli, coinvolgerli, incuriosirli, talvolta la risposta è che “non si può fare”. Causa le tante difficoltà che gli insegnanti di buona volontà, isolati, incontrano nella scuola italiana. E’ così che si accontentano dei piccoli consigli, quando invece avrebbero davanti grandi opportunità. Tempi ristretti, impedimenti logistici, dinamiche istituzionali, programmi da rispettare, colleghi e dirigenti troppo diffidenti da convincere, resistenze personali e qualche convinzione limitante, in definitiva, impediscono di approdare all’insegnamento creativo che può cambiare la scuola.
Eppure, si può fare
Io lo dimostro a chi abbia voglia di seguire l’esempio di colleghi illustri. Ecco, allora, alcuni dei casi famosi che Ken Robinson cita in Scuola creativa. Si tratta di insegnanti, educatori e dirigenti illuminati che da soli hanno deciso di provare a cambiare il corso della storia. E ci sono riusciti. Perché non seguirne le orme?
Mi sono già occupato di
- Richard Gerver, ex Dirigente Scolastico della Grange Primary School di Cardiff che fonda Grangeton, una città nella scuola, impostata sull’apprendimento con il gioco. Gerver ha fatto istituire emittenti televisive e radiofoniche, interamente dirette da alunni, per favorire l’autonomia, il pensiero critico, lo spirito di collaborazione e l’acquisizione delle abilità linguistiche attraverso il gioco in un contesto reale. Con annessi finti ambulatori medici per prendersi cura gli uni degli altri;
- Sugata Mitra, che con “Il buco nel muro” stimola l’autoapprendimento della lingua inglese da parte dei bambini indiani, partendo dalla pratica ludica;
Rafe Esquith, che motiva allo studio i piccoli attori della sua classe alla Hobart Primary School di Los Angeles con lo studio approfondito delle tragedie di Shakespeare. Gli alunni, tra gli 8 e i 10 anni, imparano tutti a memoria le intere tragedie, ne studiano il lessico, la metrica, il significato delle parole, il carattere dei personaggi e scrivono perfino le musiche che eseguono durante la rappresentazione di fine anno. Rafe, da quello che scrive Robinson, non ha una cattedra e si muove nel gruppo quando spiega.
La Slow Education
La Slow Education (l’educazione lenta) è un’idea che Joe Harrison, un insegnante di musica che lavora al programma del governo britannico “Creative Partnership” a Manchester per introdurre la creatività a scuola, partorisce dopo aver letto il libro di Carl Honoré, Elogio della lentezza (2014), che aveva già ispirato il Movimento Slow.
La sua ricerca porta alla luce i risultati che si possono ottenere quando a scuola si passa tempo a
- conoscere gli studenti,
- ad ascoltarli e a
- creare programmi specifici di insegnamento incentrati sui loro interessi e sulle loro capacità.
E a rallentare i ritmi rispetto alla folle corsa verso i voti a scuola.
“Zucche” che esplodono
Jeffrey Wright, insegnante di scienze a Louisville, Kentucky, fa esplodere zucche, spara oggetti fuori da lunghi tubi e costruisce aeroscafi quando insegna per accendere la curiosità e far apprendere con l’esperienza. Wright sa tutto dei suoi studenti e questa è la chiave del suo successo.
Neil Johnston, attualmente Speaker di Keynote, aveva il problema di far apprendere la “noiosa” teoria musicale. Si inventa, così, un intrattenimento a scopo didattico utilizzando GarageBand per iPad2. I ragazzi adesso apprendono in questo modo la musica e ricevono la gratificazione di vedere subito il risultato del loro impegno, dato che Johnston pubblica i brani su YouTube come colonne sonore per PlayStation e xBox .
Rita Pierson, insegnante specializzata nel sostegno, “Al Ted si parla d’istruzione” (New York, 2013) disse: “Sappiamo perché i ragazzi lasciano la scuola. Sappiamo anche perché non imparano: è perché sono poveri, perché frequentano poco e perché subiscono le influenze negative dei pari. Sappiamo perché. Ma alcune delle cose di cui raramente si parla sono l’importanza e il valore delle relazioni umane, dei rapporti.”
Dialogo e collaborazione
Sergio Juarez Correa, insegnante elementare di Matamoros, Messico, cittadina disagiata al centro di scontri tra narcotrafficanti, passò i primi cinque anni senza avere idea di cosa fare per risollevare gli umori della sua classe. Dopo aver incontrato Sugata Mitra, decise che le cose sarebbero cambiate: iniziò a far lavorare i ragazzi in gruppo per capire meglio la geometria, spiegando loro come fare per applicarla alla vita reale. I suoi ragazzi lavorano prevalentemente in gruppo, dato che quando collaborano emergono i loro reali talenti.
Il suo motto è: “Dialogo e collaborazione per imparare ragionando, non memorizzando.”
Guy Claxton, ideatore e promotore del BLP (Building Learning Power): “l’obiettivo è aiutare i ragazzi ad apprendere meglio, dentro e fuori dalla classe. È creare una cultura che permetta di coltivare attitudini e comportamenti per affrontare con calma, fiducia e creatività le difficoltà.”
Salman Kahn e la Flipped Classroom
Salman Khan è un analista finanziario che ha ispirato il movimento della “classe capovolta”, dando ripetizioni di matematica ai parenti che, poi, pubblicava su YouTube. Matematica spiegata semplicemente che, con il tempo, viene integrata alla didattica in classe, creando continuità nell’apprendimento.
In questa forma di didattica, il compito a casa diventa vedere una videolezione, mentre in classe il docente propone una domanda che viene spiegata (a chi ha maggiore difficoltà a trovare la risposta) da altri alunni a cui i concetti sono chiari. “Chi ha appreso da poco una cosa riesce meglio di chiunque a spiegarla a un compagno perché ne comprende meglio le difficoltà e non ha il preconcetto del docente a cui è tutto drammaticamente chiaro.”
Oggi la Khan Academy ha Bill Gates e Google tra i suoi maggiori sostenitori.
Prendere esempio dalle persone eccellenti e geniali è quanto di più intelligente possa esserci.
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