Sugata Mitra, docente di tecnologia didattica presso la School of Education, Communication and Language Sciences dell’Università di Newcastle, in Inghilterra, nella foto con Sir Ken Robinson che lo cita come un genio dell’autoapprendimento nel suo “Scuola creativa”, è noto per aver realizzato, nel 1999, un famoso progetto di apprendimento esperienziale che chiamò “Hole in the Wall” (buco nel muro).
Hole in the wall
In una scuola di Nuova Delhi, Mitra fece installare un pc in un buco nel muro (da cui deriva il nome dell’esperimento). Poiché la macchina disponeva di un browser in lingua inglese, lingua sconosciuta ai bambini indiani, egli lasciò che i ragazzi esplorassero per alcuni giorni questo oggetto sconosciuto per vedere se avrebbero imparato da soli il suo funzionamento.
I bambini, in pochi giorni, impararono ad usarlo così bene che navigavano e scaricavano senza che nulla fosse spiegato loro. A seguito di questo successo, il ricercatore pensò di installare, successivamente, un software di riconoscimento vocale, rigorosamente in lingua inglese, da far utilizzare ai bambini Tamil che studiavano la lingua inglese a scuola.
Tuttavia, data la differenza di accento tra un software britannico e una lingua parlata con una serie di difficoltà di pronuncia, il software sembrava quasi non funzionare, visto che trascriveva, un po’ a caso, parole inesistenti o improbabili. L’eccessiva differenza tra la madre lingua e l’inglese appreso dei bambini indiani creava quello che solo in apparenza era un malfunzionamento. Mitra partì per alcuni mesi e al suo ritorno scoprì che i bambini, per adattarsi all’uso della macchina, avevano, di fatto, imparato da soli un inglese in perfetto stile britannico fluente solo per farsi capire dal pc e, quindi, usarlo.
Apprendimento ed esperienza
Gli studi di Mitra, benché spesso avversati, suggeriscono due cose:
- l’efficacia dell’apprendimento dall’esperienza e
- la naturale attitudine dei bambini a imparare da soli e in perfetta autonomia.
Quello che rimane da chiedersi, dunque, è come mai, aggiungendo la presenza di un insegnante, questa capacità di apprendimento si riduca così drasticamente. Come mai, ancora, essi facciano tanta fatica e si annoino.
Oggi a scuola
In una tipica classe liceale, gli studenti sono seduti dietro ai banchi rivolti verso la cattedra, mentre l’insegnante spiega, dà indicazioni e assegna i compiti. In tutte le classi e in tutte le scuole, l’apprendimento è basato su di una modalità prevalentemente verbale o matematica. Cioè, i ragazzi scrivono oppure fanno calcoli o, come unica alternativa, discutono con gli insegnanti. Per tutto il tempo, essi sono impegnati a prepararsi a sostenere prove ed esami.
La giornata a scuola è scandita dall’avvicendarsi di insegnanti in classe che vi restano per circa un’ora, mentre i tempi, tutti uguali, vengono regolati dal suono della campanella.
In una organizzazione scolastica del curricolo così pensata, il programma didattico viene erogato alla stessa maniera a tutti gli studenti: normale, dunque, che alcuni capiscano più di altri e che ottengano risultati migliori. La conseguenza è che coloro i quali non raggiungano una sufficienza nella preparazione, così come indicato nelle valutazioni standard degli insegnanti, vengono considerati al di sotto della media per ragioni genericamente personali.
L’attuale modello d’istruzione
Su questo modo di fare scuola, valutando le persone in base alla loro capacità scolastica, si fonda il modello attuale d’istruzione. Ma oggi l’aggettivo “scolastico”, che un tempo era sinonimo di “intelligente”, è, piuttosto, sinonimo di “teorico” o, peggio, “elementare”, contrapposto a “pratico” ed “esperienziale”.
Il punto è che la scuola incoraggia solo l’acquisizione di una parte della conoscenza di cui è portatrice. Lo studio scolastico, infatti, si dovrebbe basare su tre grandi elementi:
- una conoscenza proposizionale (“sapere che”), ovvero la conoscenza dei fatti (date, circostanze, regole grammaticali, formule);
- una conoscenza procedurale (“sapere come”, che si estrinseca in un interesse per l’analisi teorica, come apprendere procedure, supposizioni, ipotesi e concetti);
- una sintesi tra le due conoscenze precedenti, elaborata attraverso lo studio a tavolino, che si concretizza nell’esercizio di scrittura, calcolo e lettura.
Di questi tre momenti della preparazione (che caratterizzano i due pilastri
- della cultura organizzativa e
- del sapere intellettuale su cui si basa),
la scuola privilegia solo il primo e, in parte, il terzo, limitatamente al consolidamento delle conoscenze proposizionali.
Verso un apprendimento personalizzato
Per le attività tecniche, fisiche, manuali, pratiche, applicative, ad esempio, incentrate sulla coordinazione oculo-manuale e sull’uso di strumenti, non c’è alcuno spazio.
Esiste, però, un “sapere” che non può non essere accompagnato da un “come”. Il sapere serve ma nella vita non è tutto, dato che l’intelligenza di cui siamo dotati va oltre le capacità scolastiche. Occorre anche saperlo mettere in pratica. Perché questa (un mix di conoscenze, abilità e competenze) è la vera istruzione che può garantire il futuro del genere umano.
La scuola non lo fa? Va bene. Ma, almeno, dovrebbe preparare allo sviluppo successivo di queste competenze, invece di inibirle e addormentarle del tutto.
La ragione è che il “come” è del tutto soggettivo, poiché dipende dai talenti e dalle inclinazioni dello studente: obbliga, quindi, a un insegnamento personalizzato che
- la scuola non offre,
- che non può permettersi e
- che gli stessi insegnanti non sanno come perseguire.
La verità è che i sistemi scolastici occidentali sono il risultato, come afferma Ken Robinson in “Fuori di testa”, di “rituali organizzativi e abitudini intellettuali” che discendono dall’Illuminismo ma che non rispecchiano più la vasta gamma di talenti offerti dalle persone che li frequentano.
Per questo, per il futuro, la scuola deve affidarsi agli educatori più attenti a valorizzare le unicità. Saranno loro a insegnare contenuti nel modo in cui ogni talento può accoglierli e permettere a ciascuno di diventare il miglior “se stesso” possibile.
Condivido il metodo personalizzato nel rispetto soprattutto dei tempi di apprendimento di ciascuno
Grazie mille. Apprezzo molto il suo commento.
Cordialmente.
SC