Gli ultimi decenni, dal punto di vista dell’educazione, sono stati caratterizzati da due eclatanti fenomeni che interessano l’involuzione della Holding Educativa: da una parte quello della defamiliarizzazione e, dall’altra, quello della descolarizzazione.
Come sia accaduto e che cosa abbia innescato la scintilla non è dato di saperlo. Certo è che gli effetti dell’una sono pesantemente ricaduti sull’altra. Ambedue si direbbero essere il risultato di un tacito accordo tra tutti i genitori del mondo che hanno deciso, pressoché all’unisono, che la quantità di sofferenza che poteva infliggere l’educazione tradizionale era eccessiva. E che non andava più bene. Così, l’atteggiamento arrendevole e rinunciatario e il crollo dell’autorevolezza degli adulti diventano sponsor inconsapevoli delle richieste e degli eccessi dei figli.
La defamiliarizzazione
Ecco che i ruoli si invertono:
- a casa comandano i figli,
- sono loro a decidere che cosa fare,
- dove andare in vacanza,
- se studiare,
- quando uscire e rincasare,
- che cosa e quando mangiare,
mentre i genitori appaiono sempre più come comprimari, quando non subalterni. Con quali conseguenze? Poiché i genitori sono assenti e non possono più prendersi cura dell’educazione dei figli, diventano troppo frangibili ai loro occhi, per via degli inevitabili sensi di colpa da cui si lasciano facilmente attanagliare.
Troppa libertà, troppi sì, troppa facilità di accesso ad ogni agio e bene materiale, troppa protezione, però, nuocciono pericolosamente alla loro crescita. E, infatti, sortiscono l’effetto contrario delle intenzioni della famiglia, perché accomodano i giovani al punto di erodere, fin dalla tenera età, autonomia e autostima che a loro serviranno per affrontare la vita adulta (lo dice l’indagine OCSE 2017).
Impatto con la scuola
Normale, allora, che a scuola
- dimostrino insofferenza alle regole, all’impegno nello studio e alla fatica,
- che siano agitati,
- che non riescano a controllare gli impulsi e gestire gli stati d’animo e
- che si abbandonino ad ogni deriva e mancanza di rispetto verso i pari e verso gli insegnanti.
Abituati al “tutto e subito” e all’“usa e getta”,
- il desiderio,
- l’esplorazione,
- la creatività e
- la voglia di costruire relazioni appaganti
si attivano solo in funzione del soddisfacimento immediato.
Limiti e regole
Con il venir meno di una delle funzioni primarie della famiglia, quella di consentire ai figli di prendere consapevolezza dell’esistenza di limiti e regole, i giovani tendono a non reggere alcuna frustrazione e a non far ricorso alla rinuncia e alla normale fatica per raggiungere obiettivi più complessi e non immediati.
Ecco dunque il proliferare
- dell’iperattività,
- della sfrontatezza,
- di condotte aggressive,
- del rifiuto a qualsiasi impegno,
- di bassi livelli di apprendimento,
- dell’incapacità di affrontare un insuccesso.
Ecco, di pari passo, il dilagare dell’incapacità di
- cooperare per raggiungere obiettivi comuni,
- realizzare un positivo senso di appartenenza alla scuola,
- costruire legami forti e nutrienti.
Il rapporto con i docenti
Nel corso degli ultimi anni, la maggior parte dei docenti è dovuta scendere a compromessi,
- abbassando il livello degli obiettivi educativi e
- scontrandosi con le famiglie dei propri alunni,
sempre molto solerti a condannare la scuola come sistema e gli insegnanti come educatori.
L’inevitabile e conseguente descolarizzazione aumenta nei giovani la frenesia di “fare e agire” senza pensarci, perché manca loro il tempo e l’opportunità di
- sedimentare conoscenze, emozioni e riflessioni,
- strutturare identità stabili ed autonome,
- accedere a capacità relazionali e
- costruire una buona autostima.
L’analfabetismo emotivo
Bambini e ragazzi vanno, così, via via sviluppando un analfabetismo emotivo così profondo da generare inedite condotte disadattate e perfino patologiche.
Mentre, cioè, la famiglia, da una parte, non riesce più a sviluppare nei propri figli l’autonomia e l’autostima, non proponendo limiti e regole entro cui crescere sicuri, la scuola, dal canto suo, si riscopre sempre più impossibilitata a educare e motivare i propri alunni alla gestione del loro mondo emozionale, dell’incertezza e del conflitto, così come
- all’impegno,
- alla creatività,
- a condividere e cooperare.
La caduta dell’autorevolezza, della vigilanza e dell’attenzione delle due maggiori agenzie educative hanno inconsapevolmente facilitato, in altre parole, condotte disfunzionali per lo più improntate all’eccesso e alla sregolatezza.
Educare ai valori per salvare il mondo
La relazione, l’incontro e perfino il divertimento non sono previsti, non fanno parte della giornata. Semmai, presso gli adolescenti, questi momenti si esprimono negli eccessi omologanti della serata che di relazione e incontro hanno ben poco.
Quali le possibili contromisure, allora, per evitare l’implosione? Ad esempio, insegnare ai figli a
- aspettare,
- sentire la mancanza,
- dilazionare o differire il piacere,
- esplorare.
Servono regole e contenimento.
Occorre, se vogliamo, tornare semplicemente a fare gli adulti a casa, a scuola, nelle società sportive e in ogni luogo in cui bambini e ragazzi cercano punti di riferimento (l’autorevolezza). Cosa, peraltro, tutt’altro che facile. Ma unica via percorribile per salvarli dal declino a cui sembra avviata, in maniera irreversibile, la nostra società.
Data la temporanea latitanza della famiglia, non resta che la scuola. Ma gli insegnanti sono pronti (e preparati) a tollerare il carico di responsabilità di cui sono investiti?
0 commenti