Per scrivere un libro in cui raccontare quello che ho potuto notare sul modo di comunicare delle persone, in anni di esperienza nella relazioni e nella formazione, ho scelto di non riferirmi a modelli. Ho ritenuto che mi bastasse l’osservazione dei comportamenti della gente che ho incontrato sul mio cammino. Da curioso esploratore di umane faccende, il primo fenomeno da osservare sono io stesso. Per questo, ho intrapreso un viaggio lungo una serie di aneddoti che raccontano la visione che oggi ho di me stesso e del mondo mi circonda. E se potrò contribuire con una sola parola a renderlo migliore, allora, la troverete in questo libro. Mia moglie, ancora oggi, quando vuole ferirmi, mi accusa di dovermi impegnare di più con la pratica di quanto insegno in teoria. Prima di fingermi morto (come accade a molti di voi quando siete messi alle corde), seraficamente affermo: “Spero, allora, che le persone facciano quello che dico e non quello che faccio. E che lo facciano meglio di me”. Comunicare con Intelligenza Emotiva, ovvero il libro che Daniel Goleman ha dimenticato di scrivere. Un giorno l’ho detto per scherzo ma, se ci penso, è proprio così. Spero che piacerà a voi leggerlo come è piaciuto a me scriverlo.
Il contadino e lo spiritello della casa
In una storia della tradizione popolare del Salento del dopoguerra, si racconta di un contadino che, durante le notti insonni, veniva tormentato dall’Uru, lo spiritello della casa. Un’ombra burlona che amava giocare e mettere alla prova la gente. Il suo divertimento era spaventare chi dubitava della sua esistenza, mentre esaudiva i desideri delle persone che accettavano di dialogarci.
Così, l’uomo, che viveva da sempre da solo, esausto e atterrito dal vedersi nel sonno quell’ombra opprimente sulla pancia, un bel giorno decise di cambiare casa.
Trasferiti i suoi poveri arredi al nuovo indirizzo, sul far della sera fu visto dal vicino uscire per andar via per sempre. Teneva in mano solo un paniere, di quelli che venivano usati per la vendemmia, con le ultime cose, coperte alla vista da una piccola tovaglia a quadretti rossi.
“Così te ne vai davvero?” Chiese il vicino, avvicinandosi per salutarlo.
“Eh, sì. Cambio casa e vita.” Rispose il contadino. “Non lo sopporto più”, disse, riferendosi all’Uru.
Così, lo spiritello, sentendosi chiamato in causa, spostò leggermente la tovaglietta e fece capolino dal paniere: “Sì, sì… Ce ne andiamo da qui”, replicò beffardo.
Comunicare con l’ombra
La storia, con la solita saggezza della cultura popolare, insegna che non si può fuggire dalle proprie ombre. E che quelle ombre fanno parte di noi. Bisogna, allora, imparare a riconoscerle e integrarle, perché da qui dipende il benessere e l’armonia della nostra vita e delle nostre relazioni.
Poiché, dunque, quando comunichiamo, condividiamo noi stessi con gli altri, allo scambio concorrono le parole, i gesti, le emozioni, i valori, i talenti, le sfide, le difficoltà, i conflitti, i desideri che solo in parte appartengono alla superficie illuminata della nostra esistenza. Molto altro che trasmettiamo, spesso senza averne consapevolezza, viaggia lungo una via più bassa che è rappresentazione ed espressione della zona buia della personalità. Ma arriva a destinazione con la dirompenza delle onde di un mare in tempesta.
L’incontro con il mondo sommerso, abitato da emozioni e vissuti, è, allora, salvifico per sé e per le relazioni. Creatività e Intelligenza Emotiva spiegano come questo incontro possa avvenire e perché.
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