“Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce” (Anna Karenina – Leo Tolstoy). Luci e Ombre esercitano un fascino straordinario sui bambini. Dalla creazione dell’arcobaleno con riflessi di luce, alla presa di coscienza della propria ombra, il bambino incomincia ad interrogarsi e indagare su questi fenomeni. La luce è polisensoriale, flessibile, suggestiva, artificiale e naturale. Ed evoca emozioni, crea e provoca distorsioni, trasforma, esalta gli oggetti. Ancora un contributo di Serena Baretti, Arteterapeuta di Artedo, che si affida a me per la pubblicazione del diario di bordo delle sue attività professionali, tratto dalla sua esperienza nella scuola d’infanzia di Nizza.
L’ombra
Nell’incontro con l’ombra, i bambini colgono con grande curiosità e stupore le sue caratteristiche: l’ombra può distorcere l’immagine, spostarsi, trasformarsi a seconda delle ore della giornata. Il buio vive dell’ombra: è ciò che culla e che accompagna nel mondo del riposo e della tranquillità, benché sia anche misterioso e spaventoso, in alcuni casi. Così, per molti bambini, l’oscurità e il nero degli oggetti offre una percezione negativa.
A volte, infatti, entrare in una stanza buia, trasmette loro timore: per questo chiedono di essere accompagnati dall’adulto. In altri casi, invece, la percezione negativa dell’oscurità siamo proprio noi adulti a trasmetterla ai nostri bambini.
Nei laboratori di arteterapia basati sui giochi di luci, la scelta del buio e dell’oscurità è pensata, dunque, proprio per ovviare all’angoscia. Certo, non abbiamo oscurato una classe: però abbiamo usato una comune aula di scuola dove, grazie alla chiusura delle tapparelle, fosse facile usare il proiettore e giocare con le forme in penombra.
Gioco di luci e ombre
Il percorso ha inizio con la narrazione di una storia già con i bambini di due anni. Con loro, abbiamo potuto lavorare sulla permanenza dell’oggetto, intorno a cui inventare racconti. L’importanza di questo gioco è nella presa di coscienza della continua esistenza dell’oggetto, che non scompare nonostante il raggio di luce che lo illumina.
Anzi, il bambino interagisce attraverso narrazioni e drammatizzazione che vengono inizialmente proposte dall’adulto e, successivamente, lasciate alla libera immaginazione dei piccoli.
Quando il gruppo è organizzato con i bambini di tre e quattro anni, il gioco diventa funzionale per
- sviluppare creatività e competenze relative alla curiosità e all’esplorazione del bambino,
- incentivare l’interazione,
- costruire storie (che aiuteranno il bambino a migliorare il linguaggio con l’esplorazione della sua immagine in penombra) e giocare e dialogare con le ombre.
Con i più piccoli
I bimbi più piccoli si presentano subito diffidenti e intimoriti dal gioco delle luci e delle ombre. Ma dopo aver visto forme in controluce, create dalle mie mani che diventano animali, subentra la curiosità. Nasce così il desiderio di sperimentare e provare a giocare, sia con le loro mani e le loro ombre, sia con altre forme ritagliate in attività collegate a quella in esame.
La soglia di attenzione sale e, con essa, il grado d’interesse che, con bambini più piccoli (al nido abbiamo lavorato anche con i bimbi di otto mesi) sono difficili da far mantenere oltre i due o tre minuti. Peraltro, i più piccoli, se le storie sono proposte con un accompagnamento cantato, tendono a restare incantati dalla voce narrante, estraniandosi, in tal modo, dal gioco in sé.
Con i più grandi
Con i più grandi, i bimbi di quattro, cinque anni, abbiamo iniziato con il racconto di un’ombra cinese (le mani che vedete in foto sono le mie e la scena è proiettata sul muro). L’ombra cinese è, così, diventata la voce narrante della fiaba di Cappuccetto Rosso. Da lì, lo storytelling continua con le forme di cartoncino colorato fissate sulle cannucce (le mie mani possono offrire poca varietà di personaggi), come delle marionette. Tutte queste immagini, proiettate al muro, permettono il dipanarsi del racconto:
- gli alberi,
- la casa della nonna,
- il lupo,
- Cappuccetto Rosso,
- il cacciatore.
Cappuccetto Rosso oggi
Ma la storia non si ferma alla tradizione. Così, compaiono Peppa Pig, i Pigiamini, Bing. E poi, ancora,
- macchine,
- animali,
- palazzi,
- navicelle spaziali,
- nuvole.
E qualunque altro oggetto o personaggio amato dai bambini che serva a introdurre parti della loro vita fantastica nella storia. Accade, in tal modo, che Cappuccetto Rosso sfugga al lupo, scappando in macchina o, semplicemente, nascondendosi tra i cespugli, senza mai arrivare a casa della nonna.
I bambini seguono sempre seduti l’inizio della storia. Poi, però, quando scorgono la forme, vogliono essere protagonisti, sperimentare e dirigere l’avventura.
Tante possibilità
Naturalmente, è difficile per noi educatori seguire le tante variazioni alla storia, proposte da altrettanti bambini. Ognuno porta un’idea, la sua, e vorrebbe che vivesse nella fiaba. C’è chi, dunque,
- tende a far emergere la spinta individualista ad essere il protagonista;
- c’è anche chi si perde tra i mille rivoli del racconto, cercando di sperimentare tutti gli stimoli che il setting mette a disposizione.
- Chi si disinteressa al racconto e prova a fare le ombre con le mani e
- chi segue la sua ombra proiettata in mezzo a quella degli altri.
- Infine, chi cerca di scoprire il trucco.
Spesso penso che, proprio per la ricchezza dell’attività, la mia voce sia un limite, perché esercita un grande potere di attrazione che abbassa la soglia dell’attenzione verso l’attività. Certo, i bambini sono un pò più grandi ma sono pur sempre bambini molto piccoli. Interagire anche solo con lo sguardo, quando si ascolta qualcuno che parla, d’altro canto, fa parte della relazione.
Così mi dico: “La prossima volta userò una fiaba sonora registrata. Almeno non intralcerò il loro processo creativo!” E anche questa è un’idea.
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