L’immagine di copertina è una lavoro realizzato da una partecipante ad uno dei miei laboratori formativi sul Metodo Autobiografico Creativo per la consapevolezza di sé e l’intelligenza emotiva. Si intravede un corpo femminile di spalle. E’ rotto, fatto a pezzi che, a fatica, si tengono insieme. Il fotogramma di un istante di vita in cui emerge tutta la fragilità del mondo interiore e la fatica di trovare un centro, un equilibrio. L’aspetto straordinario è che questo manufatto è prodotto a occhi chiusi: per questo appare come frantumato, perché precipitato dall’alto: l’autrice non ha il controllo su quello che crea, per questo si presenta vero e immediato. Mi torna utile per proporre un contributo liberamente tratto da “Le parole che ci salvano”, il libro di Eugenio Borgna (che ha ispirato la mia conferenza omonima) che, tra gli altri temi, affronta quello della fragilità della femminilità.
Fragile è il corpo
Il corpo comunica. E’ la cassa di risonanza dei vissuti, delle emozioni che riverbera all’esterno, senza filtri. Le emozioni sono fragili, allora, proprio perché fragile è il corpo. Specialmente quando non stiamo bene. Se siamo tristi, disarmati, disarmonici. La sofferenza, infatti, ci rende deboli e vulnerabili, sia dentro, nell’anima, che fuori, nel corpo. Al punto che la vulnerabilità dell’una diventa la vulnerabilità dell’altro e viceversa.
A volte, basta prendersi cura della fragilità dell’anima con gesti e parole che sanno di gentilezza, comprensione e accoglienza per lenire le sofferenze del corpo. Anche con un solo sorriso. Mentre, invece, il mondo è disattento, noncurante. E le relazioni alimentano il malessere di cui nessuno si accorge.
Ma la coscienza della fragilità del corpo, sia del corpo vivente che del corpo fisico (quindi, del corpo emozionale e del corpo materiale), è senz’altro più profonda nella donna che nell’uomo. Perché, a differenza del corpo maschile, quello femminile è fragile anche quando è sano: lo testimoniano i cambiamenti biologici del suo corpo, le risonanze interiori, la sensibilità, l’attenzione estrema, l’intensità stessa con cui vive le sue emozioni.
La femminilità
È fragile e vulnerabile il corpo femminile, perché l’attitudine all’introspezione, all’analisi di quello che avviene nella vita interiore è una capacità di cui è maggiormente dotata la donna rispetto all’uomo. Capacità d’introspezione che la mette più di frequente in contatto con il riconoscimento delle ferite dell’anima e con la fragilità che risiede in lei.
La donna accetta con coraggio e con fermezza le sue ferite e la sua vulnerabilità. Non le ignora mai: piuttosto, le riconosce e ne porta addosso il peso. Ma dare voce a queste fragilità, a queste ferite, non è mai facile: non è mai facile dare voce alle emozioni dolorose, perché la fragilità ama nascondersi.
Per questo, più importante di riconoscere la nostra fragilità e ammetterla (compito già arduo) diventa ammettere la fragilità degli altri e prendersene cura: solo partendo dalla consapevolezza della nostra essa può essere riconosciuta, amata, difesa, apprezzata, protetta.
Il linguaggio del corpo
Pur in queste difficoltà, la donna riesce ad esprimere meglio ciò che prova con il linguaggio del corpo vivente (e delle sue “parole”). Quindi, con il linguaggio delle emozioni, dei sentiti, della voce, del volto, degli sguardi, delle lacrime, dei sorrisi, del silenzio. E non si vergogna di manifestare le ferite dell’anima che sono in lei.
Parimenti, non lesina di chiedere aiuto, quando le tempeste emozionali lo consentano, o di accettare di lasciarsi curare da chi può prendersi cura di lei: le fragilità riconosciute, quelle che vengono accolte nella loro significazione umana, pesano infinitamente meno di quelle che vengono rifiutate o ignorate, trasformandosi così in pietre delle quali è sempre molto difficile liberarsi.
Così, la freddezza e l’indifferenza umiliano la femminilità e la gettano nell’isolamento e nell’abbandono di dolorose risonanze interiori, che lasciano delle cicatrici talvolta insanabili. Per questo le donne non dimenticano le ferite. Le ferite dell’anima diventano offese incise a fuoco sul corpo femminile. E’ come se la loro stessa capacità di analisi della vita interiore, proprio quella che le aiuta a riconoscere queste condizioni dello spirito e a donarsi agli altri, diventasse il loro supplizio. Legato alla negazione dell’oblio.
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